stop elettroshock

Nonostante la mancanza di adeguati e rigorosi studi scientifici (in cinquant'anni ne sono stati effettuati sei), l'utilizzo dell'elettroshock è stato generalizzato e allargato alla quasi totalità dei disturbi psichiatrici: in particolare, viene generalmente utilizzato con pazienti gravemente depressi, quando altre forme di terapia, come gli psicofarmaci o la psicoterapia, non sono stati efficaci o non sono indicati, o si valuta che non possano essere di aiuto, come in casi di emergenza come ad esempio un elevato rischio di suicidio; pazienti che soffrono delle principali forme di mania (un disturbo dell'umore associato a comportamento iperattivo, irrazionale e distruttivo), alcune forme di schizofrenia, e qualche altro disturbo mentale e neurologico. L'elettroshock è usato anche nel trattamento dei disturbi mentali nei pazienti anziani, le cui condizioni di salute possono sconsigliare un trattamento farmacologico.

Proprio sulla riduzione del rischio di suicidio, esiste uno studio - spesso citato dai fautori dell'elettroshock - "Mortality in depressed patient with electroconvulsive therapy and antidepressants", di D. Avery e G. Winokur, pubblicato nel 1976; esso recita testualmente: "Nel presente studio, i trattamenti utilizzati non hanno dimostrato di avere alcuna efficacia nel diminuire i suicidi".

Nel 1986 è stata pubblicata una rassegna critica di cinque studi di Crow e Johnston, condotti tra il 1953 e il 1966 mettendo a confronto elettroshock vero con elettroshock simulato. I risultati furono i seguenti: solo una particolare patologia, la depressione delirante, mostrava un sostanziale miglioramento con la Tec vera rispetto a quella simulata; tale miglioramento non permaneva per un periodo superiore ad un mese, dopo di che i pazienti trattati e non trattati tornavano ad essere indistinguibili quanto a sintomatologia. In un trial del 1985, Gregory, Slawers e Gill confrontarono 69 pazienti depressi, giungendo alle stesse conclusioni.

Un dato molto importante da sottolineare è che i due terzi delle persone che subiscono l'elettroshock nel mondo sono donne.

Negli anni passati, l'elettroshock è stato utilizzato come "terapia" per omosessuali e alcolisti. Negli anni '50 e '60 il prof. Giorgio Coda, uno psichiatra di Collegno, somministra elettroshock lombopubici ai bambini enuretici - quelli che fanno pipì addosso durante la notte. L'operato del prof. Coda è stato ampiamente documentato nel libro "La fabbrica della follia" (Associazione per la lotta contro le malattie mentali, La fabbrica della follia, Torino, 1971, Einaudi): "la variante dell'elettromassaggio era utilizzata per i più svariati fini... sugli alcolisti, sui catatonici, perfino sui morti per vederne le reazioni... consisteva nell'applicare due elettrodi alle tempie del paziente e poi, anziché dare la corrente in misura da far perdere la coscienza, nell'agire alternativamente sul pulsante, procurando ripetute scariche con un effetto che doveva essere terribile...". Nel 1974 il prof. Coda viene processato con l'accusa di aver torturato i suoi pazienti con la macchina da elettroshock.

Segnalazioni sull'utilizzo dell'elettroshock come strumento di tortura risultano nei rapporti delle principali organizzazioni umanitarie mondiali; nel Kashmir è utilizzato per estorcere confessioni "spontanee" ai ribelli armati (vedasi "Informazioni ottenute con la tortura e il terrore", Gabriel Kash in "Avvenimenti" del 28 giugno 1995).

Nel Sud Africa della segregazione razziale, crescono e proliferano manicomi per neri, i centri Smith Mitchell, all'interno dei quali l'elettroshock è usato come mezzo punitivo e unica terapia psichiatrica, come risulterà dalle denunce del 1975 e dalla condanna da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (1977).

La recente circolare del Ministro della Sanità Rosy Bindi consiglia, su indicazione del Consiglio Superiore di Sanità, l'utilizzo dell'elettroshock nella cura delle seguenti patologie: depressione, mania, disturbo schizofreniforme, schizofrenia, catatonia, sindrome maligna da neurolettici, gravi disturbi mentali in corso di gravidanza, psicosi puerperale. La stessa circolare definisce la TEC come "presidio terapeutico di provata efficacia".

 

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