|  Questa 
              pagina e' ancora in costruzione. Invece di lascire davanti ai vostri 
              occhi un unico colore senza caratteri a rappresentare questo WORK 
              IN PROGRES cogliamo l'occasione per regalarvi una pillola di cio' 
              che pensiamo del lavoro e delle stanchezze che esso provoca. 
 Il lavoro e' tendenzialmente un azione ripetitiva, alienante, stressante, 
              imprevedibile, faticosa giustificata da una retribuzione in denaro. 
              L'anima stessa del lavoro in senso lato si regge su una serie di 
              ricatti sociali riconducibili ai soldi e al valore indiscutibile 
              che essi hanno in questo sistema. Per i soldi pero' si rinuncia 
              ai tempi e agli spazi, agli svaghi, ai pensieri e alle passioni. 
              Per il lavoro si dimentica la vita. Si rinuncia ai sogni, alle identita', 
              agli affetti. I rapporti lavorativi sono regolati da contratti standardizzati, 
              incompatibili con le esigenze psicofisiche di ogni essere umano. 
              Si dimentica la vita in quelle 6/8 ore di lavoro, si conservano 
              le forze per il resto della giornata, si torna a lavorare il giorno 
              dopo. Tutto pianificato, ripetitivo, statico nonostante il lavoro 
              sia un'azione che si manifesta anche coi movimenti del corpo e della 
              mente. Un luogo comune vorrebbe il lavoro sinonimo di liberta' ed 
              autonomia. In realta' quando cominci a lavorare seriamente inneschi 
              un processo di autosfruttamente ed autodistruzione che solo l'incoscenza 
              puo' alimentare. Le ore passate a produrre e riprodurre beni, servizi, 
              comunicazioni, interazioni, devastano il fisico e la mente. Quante 
              volte ci si ammala di lavoro? Quante ore si strappano al sonno per 
              timbrare il cartellino? Quanti sorrisi controvoglia si materializzano 
              sui nostri visi davanti ad un cliente/utente che e' palesemente 
              uno stronzo? Quante volte il nostro fisico non regge i ritmi? E 
              quante volte i nostri neuroni rallentano la corsa ? Se questa e' 
              la liberta' chissa' come si manifesta la schiavitu !?! Il ricatto 
              che ci spinge a cedere prima o poi alle catene del lavoro e' quello 
              di una societa' basata sugli sfruttamenti e sulla sopraffazione. 
              Forse questa e' un'analisi banale o forse e' solo il frutto della 
              pigrizia. A noi pero' piace rivendicare l'ozio, la trastullazione, 
              il poltrire. Rivendicazioni istintive, forse soggettive, ma comunque 
              in contrasto con la nostra stessa quotidianita'. Se il dramma della 
              disoccupazione e' sicuramente qualcosa che non puo' essere banalizzato 
              dai nostri deliranti desideri, e' pur vero che se fossimo capaci 
              di rivendicare una retribuzione sganciata dalla produttivita' probabilmente 
              le contraddizioni che esplodono ogni giorno lavorando comincerebbero 
              a venir meno. Piu' reddito e meno lavoro significa piu' tempo e 
              piu' spazi.
 
 Il diritto di ogni lavoratore e' quello di non lavorare !
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